venerdì 5 settembre 2025

Sono pazza?

 Nel profondo labirinto di un amore non corrisposto, una donna si ritrovò a formulare un pensiero audace, quasi un sussurro che si fece grido dentro la sua anima. «Ti sequestrerei,» mormorò al vento, pensando all'uomo dei suoi sogni, l'oggetto di un desiderio così grande da non conoscere confini. La sua intenzione, ai più, sarebbe sembrata un "insano gesto", ma per lei, era la più pura delle verità.

Non era una scelta, ma un istinto profondo, quasi come il fatto di "essere su questa terra non per mia scelta". La sua mente, che viaggiava a una velocità "ben più superiore a quella della luce", aveva compreso che "i problemi non esistono, ma li inventiamo noi". Quindi, l'idea di un "sequestro" non era un problema, ma una soluzione, un mezzo per raggiungere una verità più alta.
«Ti amo senza il mio cervello, o meglio, ti amo senza la mia parte razionale,» avrebbe detto, con la forza di una convinzione che sfida la logica. Il suo amore era "incoscienza", una forza che l'aveva travolta, un'attrazione seducente. Non si doveva pentire, perché "pentirsene è ormai troppo tardi". Avrebbe voluto "scoprire il mondo nel cercarti", e se solo avesse "saputo guardare con la bocca, con gli occhi ti mangerei!".
E così, in una realtà dove "il rettangolo ha la stessa forma del cerchio" e "il sole la notte non c'è, ma c'è solo di giorno", ella era certa che avrebbe potuto "andare anche di fronte ad un tribunale a spiegare i motivi" del suo gesto. Avrebbe dimostrato che "la verità sta nella risposta" che portava dentro di sé, una saggezza fatta di "parole che non conosco".
Si sarebbe alzata "per mettersi in piedi", con gli occhi fissi, non per guardare, ma per vedere con la mente. Avrebbe spiegato al giudice che "ciò che non provo non mi appartiene" e che la sua azione, sebbene estrema, era l'unica via per un amore che lei sentiva "emozionalmente vero". «Non cercate le risposte negli altri, ma credete nelle vostre,» avrebbe pronunciato, citando il saggio.
E nel silenzio assordante dell'aula, avvolta dalla sua "triste allegria", la donna sarebbe rimasta in attesa. Con lo stupore negli occhi e un "sorriso in un silenzio", il giudice, comprendendo che "tutto ha un significato, anche il nulla", si sarebbe trovato inaspettatamente a darle ragione. Perché, in fondo, "quando conosci te stesso tutto il resto è più bello", e lei, in quell'atto disperato, aveva mostrato una parte di sé di una purezza e convinzione disarmanti.

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